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giovedì 17 settembre 2009

Lo svecchiamento della docenza.

Il post Scuola: l'inefficienza è ancestrale riportava una notizia Ansa del 5 febbraio 2009. In quell'articolo l'attenzione era incentrata sull'inefficiente modalità di assunzione del personale docente tramite concorso: in pratica, una rivisitazione degli studi conseguiti in università, rivisitazione condotta dal punto di vista della commissione, che produce i quiz (sigh!) da sottomettere ai candidati; quindi, la preparazione richiesta non va oltre le conoscenze che ha la commissione d'esame: è sempre il solito comportamento adottato da quella parte di docenti che pensano:

  • che gli studi finiscano con l'esame di laurea,
  • che il sapere sia contenuto nel libro di testo adottato,
  • che i corsi formativi servano solo a incrementare il punteggio in graduatoria,
  • che siano dispensatori di competenze,
  • che essere messi in discussione significhi fare magre figure piuttosto che un incentivo a farsi autocritica per migliorarsi,
  • che i voti non possano superare l'otto,
  • che suddividono i voti in frazioni decimali come se fossero così precisi nel discriminare la preparazione degli studenti tra un 6,5 e un 7-, che (ahimè, avallata dal Ministero d'Istruzione) alla fine dell'anno scolastico il voto finale è la media dei voti conseguiti durante l'anno invece di indicare il percorso d'apprendimento,
  • che le materie sono fini a se stesse come camere stagne e non volte, al contrario, all'indirizzo fondamentale di quell'istituzione scolastica,
  • ...

Si rilegga per intero la notizia Ansa.


Fonte.

» 2009-02-05 15:43
SCUOLA: PROF NEOASSUNTI, 13,7% TRA 50 E 60 ANNI
Non inseriamo docenti impreparati!
Non inseriamo docenti impreparati!

ROMA - Altro che forze fresche! Con l'ultima infornata di docenti, i 50 mila assunti con il piano dell'ex ministro dell'Istruzione Fioroni, ha conquistato la cattedra un esercito di ultraquarantenni. Se l'età media di ingresso è di 41 anni e due mesi, c'é un buon 13,7% di neoassunti tra i 50 e i 60 anni e addirittura un 1,2% di over60 che rischia di andare in pensione subito dopo essere entrato in ruolo.I neoassunti con meno di 30 anni sono appena il 2,5% del totale. La fotografia emerge da un'indagine della Fondazione Agnelli anticipata nel numero dell'Espresso in edicola domani. Dati che confermano quello che da tempo si sa e cioé che gli insegnanti italiani sono i più anziani d'Europa: la percentuale di over50 raggiunge, infatti, nel nostro Paese quota 55% contro il 32% Regno Unito, il 30% della Francia e il 28% della Spagna. Gli anni di precariato dei neo assunti sono in media 10,7, con un crescendo dalla materna alle superiori dove il 54,6% dei docenti assunti ha più di 10 anni di servizio alle spalle.

E' vero che è in vista un bel numero di pensionamenti (300 mila in 10 anni secondo la Fondazione Agnelli), ma - fanno notare i ricercatori - con i tagli delle ore di lezione, il maestro unico e le eventuali nuove regole sulle pensioni, c'é da scommettere che prima che l'esercito dei 260 mila precari in lista d'attesa entri in ruolo la sua età media (ora di 37 anni) si sarà alzata di un bel po'. La ricetta della Fondazione Agnelli è quella di un doppio canale che da un lato selezioni tra i precari in lista d'attesa dall'altro riapra le porte della scuola ai neolaureati.


Solitamente queste notizie hanno l'odore di allarmismi, scandali e notizie sensazionali, solo perché chi se ne occupa con questo modalità di fare cronaca dimostra di essere un absolute beginner, convinto che i lettori anch'essi siano all'oscuro sull'argomento oggetto della notizia boom; si dirà «deve farsi le ossa», come succede dopo i concorsi, che assumono personale da formare.
Semmai, oltre l'istruzione -diplomi, lauree, master- occorrerà istituire anche specializzazione specifica -non è stata più perseguita per le scuole superiori, figuriamoci in un ambito più generale- in modo tale che il neoassunto possa contribuire attivamente. ià subito dopo l'inserimento nell'ambiente lavorativo. Specializzazione, dunque, non formazione, rigettando quella in voga, nella sua accezione di verbo transitivo

Formare v. tr. [io fórmo ecc]
1
dar forma; modellare
2
(fig.) educare, addestrare, plasmare intellettualmente o moralmente

A scuola non si clonano ragazzi, non si creano fantocci docili e inclini all'ubbidienza: si formerebbe subito quantomeno l'oligarchia, se non il dispotismo, grazie alla presenza naturale e incancellabile di coloro che sono portati a vivere in società costituite da sudditi e non da cittadini attivamente responsabili. E' qui che ha la forza l'istruzione, l'istruzione avanzata: crea autocritica, il capire che cosa si sta facendo e perché, l'osservare il contesto e i suoi contenuti con distacco; al contrario, l'offerta si riduce, [L'università non perseguirà l'eccellenza - marted' 24 marzo 2009], fornendo a tutti gli studenti indistintamente solo i contenuti essenziali, quasi a richiamare il vecchio concetto di scuola di massa, aggravando anche la penetrazione nel mercato dei laureati, poiché non più altamente differenziati in quelle specializzazioni tecniche di nicchia, come richiedono i comparti industriali e di ricerca tecnologicamente avanzati.

Se il termine formazione dovesse derivare dal significato che si legge nel dizionario della lingua italiana, cioè

Formazione s. f.
1

2
la progressiva acquisizione, attraverso lo studio e l'esperienza, di una fisionomia culturale o morale, o anche di specifiche competenze

ove studio ed esperienza sono i cardini su cui poggia tutto il percorso di apprendimento, sia per i ragazzi sia per i docenti, con l'obiettivo, appunto, di irrobustire i propri caratteri distintivi, sia migliorandoli, sia limandoli e sia, perché no, modificandoli. In tal caso, ne beneficerebbe sicuramente la preparazione personale, non derivata da sterili corsi di formazione per lo più solitamente introduttivi. Quindi, a ben distinguere dal significato attualmente dato al termine formazione, è meglio l'uso del termine specializzazione.

Specializzazione s. f.
1
lo specializzare, lo specializzarsi, l'essere specializzato; in partic., acquisizione di una particolare preparazione e competenza in un determinato settore.

E' mai possibile che specializzarsi richieda un tempo definito entro il quale sia possibile completare la propria esperienza?

Eppure lo si fa, non solo lo si pensa, magari per pura elucubrazione! Eccone una dimostrazione nel post Misure di efficienza nell'università: il tempo per laurearsi?, domenica 9 novembre 2008: il Ministero dell'Università afferma che costituisce merito laurearsi in tempi brevi e che laurearsi in tempi brevi comporterà ricevere incentivi; incentivi? Un bonus di voti per alzare la media? Deleterio per Medicina! Buoni pasto? Oppure buoni per pagarsi la metrolpolitana o il carburante della propria auto o per comparsi libri. Ciò che è più grave è l'affermazione di bamboccioni, coloro che impiegano più tempo per laurearsi o non si laureeranno mai: quanto ne sanno di percorsi di apprendimento? Perché deve esserci la corsa al conseguimento del pezzo di carta così come esiste la corsa all'agognata cattedra? Perché non ci può istruire senza conseguire fisicamente l'attestato di laurea?

La Fondazione Agnelli: chi è costei? Si legge: La Fondazione non ha scopo di lucro. Lo statuto le assegna il compito di "approfondire e diffondere la conoscenza delle condizioni da cui dipende il progresso dell'Italia in campo economico, scientifico, sociale e culturale" e di operare a sostegno della ricerca scientifica. È una fondazione di tipo 'operativo' che promuove e realizza ricerche, organizza seminari e convegni, pubblica i risultati dei propri studi.

Se occorre un congruo tempo per acquisire conoscenze e allenarsi cimentandosi con le abilità, la notizia Ansa non dovrebbe costituire motivo di riflessione; semmai, fornendo all'istituzione Scuola i mezzi necessari affinché il personale docente precario e non precario avesse la possibilità di una crescita professionale, sia tecnica specialistica sia psico-pedagogica, durante tutto l'arco di tempo che va dalla prima ora d'insegnamento all'ultimo giorno prima del pensionamento, i genitori sarebbero portati a preferire gli istituti scolastici ove la media dell'età dei docenti sia la più alta possibile.

Ciò è anche quello che fa il Ministero d'Istruzione quando chiama a consulenti professori universitari che si trovano sul finire della propria carriera universitaria [Regole per diventare insegnante? - venerdì 28 agosto 2009]. Perché non si sono preferiti docenti universitari giovani? Al solito, due pesi, due misure.


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